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Storie della nostra storia

14 DICEMBRE 1902: INAUGURAZIONE DELL’ASILO MARIUCCIA

LA LETTERA DI ELENA, IL PRIMO GESTO DI GRATITUDINE PER UN’OPERA IMPORTANTE GIA’ DAL PRIMO GIORNO

Il giorno dell’inaugurazione dell’Asilo Mariuccia, Elena, una donna semplice e misteriosa, consegna una lettera all’allora Presidente Broglio. Quella lettera che qui riproduciamo è la testimonianza del valore dell’intuizione dell’opera che stavano per intraprendere Ersilia Bronzini Majno, il dottor Camillo Broglio e le loro compagne del Comitato contro la tratta delle bianche.

A cura di Federica Miotti Archivista
Lettera anonima a firma "Elena", 14/12/1902, Archivio Fondazione Asilo Mariuccia cart. I - 1 "Fondazione Ente"

Il 14 dicembre 1902, dopo l’evento di inaugurazione, la villetta di due piani all’inizio di via Monterosa è ormai silenziosa: il chiacchiericcio e la frenesia dei preparativi hanno lasciato il posto al clima crepuscolare dei pomeriggi d’inverno. Lo stabile è quasi vuoto e il dottor Camillo Broglio, Presidente dell’Asilo Mariuccia, sta sistemando le ultime carte sulla scrivania della Direttrice. Guardando fuori dalla finestra nota una sagoma scura davanti al cancelletto d’ingresso, aperto il pesante portone, si trova davanti una donna sui quarant’anni, vestita in maniera semplice, ma decorosa. Senza presentarsi, la donna gli consegna una piccola busta, inaspettatamente pesante e un mazzetto di fiori. Poi, prendendogli le mani senza guardarlo negli occhi, lo ringrazia e si allontana velocemente.

Il dottore, apre subito l’involucro, spiegandosi il perché del peso anomalo: al suo interno, racchiusa nei due fogli fitti di una lettera dalla scrittura un po’ incerta, c’è una moneta da 5 lire. Il contenuto non si dimostra rilevante solo per il suo “peso”, ma soprattutto perché al suo interno è custodito qualcosa di ben più prezioso: la testimonianza della gratitudine di Elena, una donna di umili origini, con un vissuto di sofferenza e difficoltà. La sua lettera è una delle prime conferme dell’importanza dell’intuizione di Camillo Broglio, Ersilia Bronzini Majno e le sue compagne del Comitato Contro la Tratta delle Bianche, che proprio quel giorno inauguravano l’Asilo Mariuccia per provare a contrastare la diffusione della prostituzione clandestina tra le bambine minorenni a Milano.

L’autrice della lettera si firma come “Elena”: ad oggi non è dato sapere di più sulla sua identità, tuttavia la lettera è stata conservata con cura all’interno dell’archivio dell’istituto, con una breve nota sulle modalità di consegna al dottor Broglio, a testimonianza della rarità e dell’importanza di un gesto così semplice.

La signora Elena, con il suo breve racconto - a volte anche enfatico - ci fornisce lo spaccato di una vita il cui schema sembra replicarsi quasi sistematicamente all’interno delle cartelle personali delle bambine e delle ragazze successivamente ricoverate presso l’Asilo Mariuccia: una giovane donna, trasferitasi in città in cerca di lavoro, si trova a prestare servizio presso una famiglia benestante.

Perso, per circostanze non chiare, il lavoro, si trova come molte altre ragazze, preda di quei “bruti che le tengono schiave […] le belve umane che si degnano in quell’atto nobile di divorare l’onore della povera creatura”. Elena viene a questo punto emarginata, umiliata non solo da uomini ma anche da altre donne, donne che l’hanno “tanto disprezzata”: grazie alla sua forza di volontà e al il sostegno e l’amore di un compagno, un “bravo e onesto operaio” il quale la “ama con tutto il suo cuore” riesce a rialzarsi e ricostruirsi una vita. Ma per quante altre il destino ha disposto diversamente? Probabilmente persino lei stessa, se avesse avuto la possibilità di trovare rifugio e conoscere i propri diritti in uno spazio protetto come quello dell’Asilo, avrebbe potuto sperimentare un’esistenza diversa.

Segue la trascrizione delle riflessioni della donna, che, con estrema gratitudine, decide di portare la sua testimonianza come “piccolo” contributo all’opera che, a suo avviso, avrebbe rappresentato la possibilità per tante ragazze di uscire da una vita di sofferenza, abusi e solitudine. Di seguito il testo originale della lettera dell’epoca, fedele nello stile all’autrice, ma con qualche correzione ortografica.

14-12-1902 Milano

Stimatissimo Signor Camillo e signora Ersilia e signora Gemma e la distinta e buona signora la nobile benefattrice, che fu la prima a elargire non solo intelligenza ma anche i mezzi per questa opera santa e morale, io faccio voti che i buoni milanesi non si vergognino di porgere aiuti a questa vostra generosità tanto necessaria per Milano. Essa non rende servizio solo a quelle infelici, che forse più della metà sono povere derelitte, le quali per un fallo solo che hanno commesso, si ritrovano condannate alle brutture e libidini di tanti bruti che le tengono schiave con qualche centinaio di quel vil metallo, e che fare se sino ad ora non si sono trovate anime generose come voi tutti che vi sacrificate tempo ed affetto e in più i mezzi?

Se voi mi vedeste non ci credereste che io fossi stata tanto infelice provando le più atroci delusioni da persone altamente onorate, le quali fanno le promesse del marinaio ad una povera ignorante e inesperta e misera figliola che va in Città per guadagnare un tozzo di pane, ma se per disgrazia le manca il servizio, eccovi subito le belve umane che si degnano di quell’atto ignobile di divorare l’onore di una povera creatura gettandola in quel modo nelle più squallide miserie. Lo dico per esperienza, una volta cadute non si trova tanto facile di rialzarsi perché non tutti i cristiani si ricordano che il loro maestro di una peccatrice ha fatto una Santa.

Io grazie a Dio ho trovato un bravo e onesto operaio il quale mi ama con tutto il suo cuore ed io riconosco in lui un vero cristiano e mi sento forte di qualunque sacrificio per lui e posso [fare] da esempio a quelle donne che mi hanno tanto disprezzata. Scusatemi se vi annoio ma in questa lettera voi tutti comprenderete quanto più meritevole la vostra opera verso le schiave bianche, Iddio vi preparerà una corona nel suo Regno e salute qui in questa valle di pianto.

L’apostolo S. Giacomo dice “se alcun di voi si svia dalla verità ed alcun lo converte sappia colui che, chi avrà convertito un peccatore dall’errore della sua via, salverà un’anima da morte e coprirà moltitudine di peccati” ed il Signor Gesù non ha egli perdonata la donna adultera che fu menata nel tempio per che il popolo la voleva lapidare. Ah signori e signore anche voi potete salvare tante infelici che sono lapidate dalla gente senza cuore né coscienza, le quali vi benediranno certo che, fra tante, vi saranno anche delle cattive poi diventano buone.

Qui vi unisco Lire 5, se potessi ne metterei cinquemila ahimè. Le mie borse non mi permettono di più. Abbiate tutti i più cordiali e sinceri saluti di un’anima riscattata a prezzo di onore dal suo degno marito. Elena

Lettera anonima a firma "Elena", 14/12/1902, Archivio Fondazione Asilo Mariuccia cart. I - 1 "Fondazione Ente"